PISCOLOGIA

Ho fatto un patto con le mie emozioni Io le lascio vivere E loro non mi fanno fuori

Per l’enciclopedia del web, Wikipedia, le emozioni sono “stati mentali e fisiologici associati a modificazioni psicofisiologiche, a stimoli interni o esterni, naturali o appresi”.

Tutto chiaro no? Ciascuno di noi ne ha diretta esperienza, quindi come non comprenderlo?

(Bravi voi, perché io ho avuto un attimo di smarrimento).

Non mi è ancora capitato di incontrare qualcuno che con risolutezza mi parlasse di una modificazione fisiologica conseguente ad un input, interno od esterno, che non fosse andato a buon fine. Se “tecnicamente” l’incipit è valido, emotivamente, non lo è!

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Sono emozioni primarie le cinque descritte magnificamente nel film Inside out: gioia, tristezza, rabbia, paura e disgusto che insieme alle loro “sorelle e cugine” che turbano il nostro equilibrio più una folata di vento per un funambolo.
Mi riferisco a tutte quelle sensazioni che ci fanno “girare la testa”, “venire i brividi”, “aggrovigliare le budella”, “sentire un tuffo al cuore”, “ricevere un pugno allo stomaco”, “mandare giù un rospo”, “accapponare la pelle”, “sentirsi mancare il fiato” e ad libitum sfumando.

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Non sempre le sensazioni sono piacevoli, specie se vi sembra di avere la “lingua di pezza” quando state per rilasciare un intervista o diventate “lividi dalla rabbia” quando cercate di venire a capo di una discussione. Però le frasi fatte (e le canzoni) rappresentano ciò per cui, da soli, non troviamo le parole.Mi piace parlare di emozioni descrivendole come elementi di un enorme sistema di informazioni che, non sempre al momento giusto, ci suggerisce una strada, ci invita ad una scelta. Non sempre con la corretta intensità e ahimè, non sempre in modo chiaro e decifrabile.
A quanti di voi è capitato di arrabbiarsi per una sciocchezza? Una rabbia poderosa, solo perché vi avevano macchiato il caffè e voi siete intolleranti a lattosio?
Ecco, il nostro pantagruelico sistema emotivo può essere tarato ed studiato prima di fare danni a persone o cose.

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E non solo quando funziona a sproposito ma anche quando vi sembra non lavori affatto. Quando la vostra pancia vi sembra vuota o riempita di asfalto. Anche quando lo zittite, saziandovi di cibo o di esperienze per non sentire il ronzio delle vostre emozioni.
Loro restano lì e l’unico vero modo di venire a capo del caos è affrontarlo. Dalla cima fino al suo fondo. Capire cosa, che nome ha. Come funziona, dove vi porta, quando si attiva e perché lo fa.

Questo movimento è facile? No. È doloroso? Certo che si.
“Allora (mi chiederete voi stavolta) perchè dovrei farlo?”

Se non ascoltate le indicazioni del navigatore, se non leggete i segnali stradali, se vi ostinate ad ignorare i cartelli sarà molto più probabile imboccare una strada sbagliata e finire dove non desideravate essere.
Le emozioni sono il nostro personale sistema di navigazione. Indicano una strada, segnalano se la situazione in cui ci troviamo fa al caso nostro, ci informano di ciò che succede dentro di noi in relazione a ciò che ci sta attorno.

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Quindi, il buon Vasco, aveva ragione.

L’unica soluzione è conoscere le proprie emozioni, lasciarle vivere, “ascoltando” quello che hanno da dire, per non esserne vinti.

Vi lascio con un’immagine (che di sicuro varrà più delle mie parole): pensate a quando, camminando per strada, ascoltate in cuffia la vostra musica preferita. Sono quasi certa che anche voi modifichiate il passo per accordarvi con il ritmo.

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Questo è ciò che permettono le emozioni: sentire il tempo, avvicinarlo al vostro, per essere in armonia.

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