Nell’era del 2.0 alimentare un’ossessione è più facile di quanto si possa pensare: basta uscire con qualcuno, passarci una bella serata per ritrovarsi poi a rovistare nella sua vita andando sulla sua pagina Facebook o Twitter, e magari anche tenendo d’occhio i suoi movimenti su WhatsApp! Insomma per noi qui comincia l’inferno perché, quasi senza che ce ne accorgiamo, ci ritroviamo nei panni di un detective virtuale che ficca il naso un po’ ovunque alla disperata ricerca di indizi. E finiamo con l’essere così ossessionate che la sua bacheca di Facebook diventa quasi la pagina di avvio del nostro browser! Passiamo ore a leggere attentamente tutti i suoi post, senza tralasciare eventuali commenti dei suoi amici. Analizziamo peggio di un meticoloso chirurgo ogni singola parola, ogni singolo punto, virgola o “faccina” che accompagna una frase. Persino quelle che agli occhi del resto del mondo appaiono buttate lì a caso. Anche perché spesso la maggior parte di quei post sono proprio “buttati lì a caso”, ma noi questo non lo accettiamo, tanto che alla fine riusciamo a dare a questi “nonsense” un senso che ovviamente ci riguarda, positivo o negativo che sia. Comunque, dopo aver trovato qua e là tutti i pseudo tasselli del nostro puzzle, li mettiamo insieme e scriviamo una storia. La nostra storia. E siamo così brave a farlo che spesso ne esce una “sceneggiatura” così colorita e grottesca da fare invidia a Woody Allen… Siamo o no in tante sulla stessa barca?
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